A Venezia il legame tra Carnevale e maschera è indissolubile. Storicamente, i primi accenni alle maschere risalgono al 1200 quando cioè il Doge Enrico Dandolo raccontò dell’uso delle donne di Costantinopoli di passeggiare con il viso coperto.
Le prime testimonianze e documentazioni risalgono al XV secolo, quando il mestiere di “mascarero” venne riconosciuto con uno statuto proprio e si riferiva alla frangia dei pittori, aiutati dai targheri, che imprimevano sopra lo stucco dei volti dipinti.
Nel 1773 c'erano ben 12 botteghe di maschere, che usavano anche la tela cerata e la cartapesta. La più tipica era la Bauta, in realtà più che una maschera, quanto un abito comune, indossata normalmente per recarsi a teatro, nei caffè, alle case da gioco, insieme al tabarro, il mantello nero, e a un tricorno in testa.
In epoca moderna l'uso della maschera si riferisce al fenomeno teatrale fiorito in Italia nel Seicento, la “Commedia dell’Arte”, che presentò un genere teatrale buffonesco, in cui l'attore improvvisava sulle tracce di un “canovaccio”.
I personaggi si fissarono in “tipi”, dalle caratteristiche costanti, cui vennero completati con dei costumi, per arrivare alle maschere buffe della Commedia dell'Arte così come le conosciamo oggi, Colombina, Arlecchino, Pantalone, Zanni e tanti altri.