Si pensa che i primi lavori di questo tipo siano stati fatti con le dita, che venivano usate per creare i cappi e riprendere i punti; col passare del tempo si sarebbe sviluppato uno strumento simile all'uncinetto moderno, realizzato prima in legno, osso o bambù e successivamente in avorio e ambra.
Sembra che questa tecnica fosse già parte della cultura egizia e ne sono stati trovati esempi “primitivi” un po' in ogni angolo del mondo: i Cinesi ci realizzavano bambole tridimensionali, gli Africani i copricapi dei capi tribù, i Turchi cappelli e gli Scozzesi berretti e pesanti mantelli; le tribù del Sudamerica, poi, usavano capi di abbigliamento o protezioni per il corpo all’uncinetto in occasione dei riti di iniziazione alla pubertà.
La forma di uncinetto più delicata avrebbe avuto origine in Italia nel XVI secolo: le suore lo usavano per realizzare con filati molto sottili preziosi pizzi, addobbi e paramenti sacri. Non impiegò molto a diffondersi nelle cattoliche Spagna e Irlanda. Fu qui che Eleanore Riego de la Branchadière, signora di origine francese, rimase colpita dalla delicatezza dei lavori delle suore di un convento di Dublino, tanto da “assorbirne” e perfezionarne le abilità; non contenta, parlò dell'arte dell'uncinetto nella sua rivista e pubblicò ben undici libri contenenti schemi di conversione da pizzo ad ago e merletto a tombolo all'uncinetto.
Mi sembra evidente il motivo per cui le viene attribuita l'invenzione del pizzo d'Irlanda, che tra l'altro divenne il principale supporto economico del Paese in seguito alla carestia del 1848. Per aiutare le famiglie più indigenti, infatti, la moglie del parroco di Clones diede avvio ad una sorta di industria domestica, che vide nascere il pizzo di Clones, molto conosciuto ancora oggi (è una variante del pizzo veneziano, realizzata però con l'uncinetto, dunque in modo più rapido).
Fu la regina Vittoria in persona a far decollare la moda del pizzo a uncinetto a Londra, promuovendolo a un’esposizione di arti. La domanda aumentò tanto che quella del merletto mutò da attività di sopravvivenza ad industria e gli schemi dei modelli di pizzo all’uncinetto cominciarono a essere scritti e distribuiti.
Dal pizzo d'Irlanda prese origine la trina di Orvieto, che si esegue con un uncinetto molto sottile e con filati di cotone di colore bianco o écru ed è caratterizzato da motivi decorativi che riprendono disegni di foglie di edera, acanto e vite, fiori, figure e animali tratti dai bassorilievi del Duomo. La bellezza dell’ornato a rilievo veniva esaltata grazie alla stiratura, che faceva sì che esso richiamasse da vicino i bassorilievi del Duomo.
Nell’isola Maggiore del lago Trasimeno fu creata una scuola per insegnare l’esecuzione del merletto alle figlie dei pescatori dell’isola, scuola che continuò a esistere fino agli anni Trenta per poi essere riaperta negli anni Sessanta. Il “pizzo di Isola” è la più raffinata delle forme di artigianato del lago, come testimonia l’esposizione di manufatti e strumenti custodita al Museo del Merletto.
Tra gli anni Dieci e Venti la popolarità dell'uncinetto raggiunse
il suo apice, con l'introduzione di punti complessi e la stampa in
serie di libri con schemi, mentre assunse caratteri più semplici
negli anni Trenta e vide un notevole calo durante la Seconda Guerra
Mondiale a causa del razionamento del filato. Si riprese negli anni
Sessanta - grazie alla moda che utilizzava colori vivaci – e
continuò a crescere fino agli anni Settanta, che fecero del poncho
un accessorio must.
Negli anni Ottanta la crescita dell'economia e la diminuzione del tempo che le donne lavoratrici avevano a disposizione per i lavori manuali provocò un nuovo declino di questa tecnica, che vide una nuova primavera non prima della seconda metà degli anni Novanta.
Oggi è certamente una delle tecniche più amate e viene declinata in molti modi diversi per creare gli oggetti più disparati, anche utilizzando materiali poco “ortodossi” come la plastica.
Le foto sono state prese dal web!
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