Care amiche,
il mio viaggio iniziato con Portofino ed il suo tombolo continua, sempre guidato ed ispirato dalla stella polare della bellezza e della tradizione.
Siamo ancora in Liguria e questa volta vorrei parlarvi del macramè, ovvero dell’antica arte di creare merletti con i nodi. Questo tipo di lavorazione ha origini arabe ma la sua terra di elezione, manco a dirlo, è la splendida Liguria tanto è vero che in genovese antico - in modo sineddotico - l’asciugamano veniva detto macramé.
L’origine di questa parola dal suono così evocativo sembra provenire dall’unione dei termini mahrana (frangia) e rame (nodo): quindi frange realizzate con i nodi.
Un alone leggendario avvolge la diffusione del macramè in Italia. Sappiamo per certo che esso giunge nel nostro paese intorno al millequattrocento, ma come non è tuttora chiaro.
Sostanzialmente sono due le ipotesi più accreditate, ovvero quella che vede il macramè portato sulle nostre rive da industriosi marinai i quali, imparata la tecnica nell’Arabia felix, ne facevano pratica durante le lunghe ore d’ozio delle infinite traversate in mare, oppure importato dai Crociati di ritorno dalla Terra Santa, dalla quale ne recarono alcuni esemplari che le donne impararono velocemente a riprodurre.
Fatto sta che dapprima nei conventi e nei monasteri, poi tra le donne del popolo, il macramè ebbe un grande successo e si iniziarono a realizzare interi corredi destinati agli arredi ecclesiastici ed alle giovani spose.
Chiavari divenne da subito un centro importantissimo di produzione, complice il fatto che la cittadina vantava storicamente un fiorente artigianato tessile, in special modo del lino, tessuto che risulta ideale per la lavorazione a macramè.
I vari punti hanno nomi che tradiscono l’influenza orientale: Jasmine (gelsomino), Ascaria (soldato), Nexma (stella), Rebuce (conchiglia), Uarda (rosa). Alcuni anche ricavati da nomi propri, come Mustafà, Fatma, Miriam.
Come è accaduto per molte tecniche di ricamo, anche il macramè, nel corso dei secoli, ebbe un’evoluzione e i disegni furono arricchiti e resi ancora più elaborati.
Tra le tante ricamatrici di valore, voglio ricordare una leggenda, Maria Picchetti, che fu l’antesignana delle maestre di macramè ed un’ innovatrice di primissimo ordine.
Nel secolo scorso fu Margarete Naumann che elaborò una nuova tecnica di macramè, rendendo il lavoro tridimensionale.
Per molto tempo in ogni famiglia chiavarese sono stati tramandati, di madre in figlia, punti più o meno elaborati. Oggi sono sempre più rare le persone che conoscono e sanno praticare il macramè. Ma negli ultimissimi anni c’è stato -e meno male- un rinnovato interesse tra le addicted dell’handmade: abbandonate le frange che diciamocelo francamente, sono davvero belle ma poco funzionali (avete mai provato a lavare asciugamani di macramé in lavatrice?) ci si è spostati soprattutto nella realizzazione di bijoux in macramè, ed il risultato è davvero molto interessante.
Sulla scia di questo ritorno al macramè si organizzano corsi con eccellenti maestre e si pubblicano libri. Ve ne segnalo uno davvero ben fatto “L’arte del macramè-Tradizione e innovazione: l’autrice, Iva Baracco, piemontese di nascita e genovese di adozione, racconta tra l’altro di come si innamorò del macramè andando a vedere una mostra di preziosi asciugamani allestita a Palazzo Rocca a Chiavari.
Proprio su Misshobby ho trovato un bellissimo ed originale bracciale realizzato a macramè, la cui materia prima non sono fili di tessuti ma perline: un modo per rinnovare e reinterpretare un’arte antica che è, come tutte le arti manuali, un patrimonio da salvaguardare ad ogni costo, in quanto prezioso giacimento di cultura e sapienza.
Quando contadini ed artigiani scompariranno, sarà la fine della nostra storia.
Pier Paolo Pasolini
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